Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

mercoledì 23 dicembre 2015

1138 - IL SENSO DEL NATALE

Che cosa significa Natale?
Qui dobbiamo avanzare verso il nucleo della fede cristiana. Sull'essenza del cristianesimo esistono definizioni annacquate. Il cristianesimo non è la religione dell'amore del prossimo, o dell'interiorità, o della personalità o di quant'altro. Naturalmente, in tutto ciò v'è qualcosa di esatto, ma come un secondo aspetto, che acquisisce il suo senso solo quando è chiaro ciò che è primo e autentico. L'Antico Testamento ci mostra che Dio si pone in modo indipendente di fronte a tutto ciò che si chiama «mondo». «Io sono Colui che io sono», Egli risponde sull'Oreb all'uomo Mosè, che gli chiede il suo nome (Es 3, 14).
Quale abisso di pensiero che la parola «Io sono» sia nome di Dio, che come tale non spetta ad alcun altro essere! Infatti il mondo non «è» in senso puro e semplice, ma è in virtù di Lui: da Lui creato, totalmente e assolutamente. Creato in pura libertà, senza costrizione. Esso è
«davanti» a Lui; provenendo da Lui e a Lui diretto.
Ma poi avviene qualcosa di misterioso. Nella Rivelazione neotestamentaria, nella coscienza di Gesù, nel modo in cui Egli parla di Dio, tratta con Lui, rapporta a Lui la propria esistenza, si fanno chiare distinzioni. Questo Dio è l'Uno e Unico, ma non è solitario. In Lui v'è un mistero di comunione, v'è «Io» e v'è «Tu», e i nomi che Gesù cita per indicarli sono «Padre», «Figlio» e «Spirito Santo». Questi nomi non hanno relazione di sorta con il mito, con i suoi dèi-padri e dèi-figli. Non è lecito però abbandonarli, poiché Dio stesso ce li ha dati, e sono le porte d'accesso al suo mistero.
Ora ci viene rivelato che questo Figlio è entrato nel mondo. Ma ciò in un senso inaudito. Non solo per via psicologica, nell'animo di una persona pia profondamente dotata; non solo in termini spirituali, nei pensieri di una grande personalità; ma realmente, storicamente, così da produrre l'unità personale con un essere umano.
Dio s'è fatto uomo, figlio di una madre umana, uno di noi, ed è rimasto ciò che Egli è eternamente, Figlio del Padre nel ciclo. Egli, che come Dio era in tutto, ma sempre «dall'altro lato del confine», nell'eterno riserbo, è venuto al di qua del confine, ed è stato ora presso di noi, con noi.
Di questo evento parla il Natale. Questo è il suo contenuto, questo soltanto. Tutto il resto - la gioia per i doni, l'affetto della famiglia, il rinvigorirsi della luce, riceve di là il suo senso. E quando quella consapevolezza svanisce, tutto scivola sul piano meramente umano,
sentimentale, anzi brutalmente affaristico. Il fatto dell'Incarnazione è esso stesso Rivelazione, anzi quella autentica e colmante. Essa dice: Dio è tale da essere in grado di farsi uomo. Egli è tale che, ai suoi occhi, per parlare col linguaggio della Genesi, è «cosa buona» e «molto buona» compierla (Gv 1, 10.12.18.25.31).
Ma il motivo, di cui si parla così alla leggera, cioè che Dio lo fa per amore, anzi che Egli è Colui che ama in senso puro e semplice - risulta chiaro solo perché l'intento per il quale Dio attua l'inaudito fatto dell'Incarnazione, appunto ciò è l'amore.
L'amore di cui parla la Rivelazione non è un valore etico universale; non è un orientamento del voler bene o della bontà, non un sentimento del cuore umano o che altro si voglia.
La parola «amore» non è qui un concetto, ma un nome per designare l'intendimento di Dio. Quando lo si coglie, ha inizio la conversione dello spirito. Tutto cambia, tutto diventa giusto, si rettifica, e si schiudono pensieri d'una grandezza e intimità che, come dice Paolo,
«superano ogni comprensione» (Fil 4, 7).
È questo ciò che proclama a noi il Natale, quando ci stanchiamo delle realtà apparenti e fallaci e vogliamo ascoltare quanto è autentico.
(don Romano Guardini)