Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

sabato 15 febbraio 2014

893 - 6 DOMENICA DOPO L'EPIFANIA

“Allora i farisei uscirono e tennero consiglio per farlo morire”. Il Vangelo di Matteo 12,9b-21 ruota intorno a questa frase. Perché i farisei prendono questa decisione? Hanno tentato per l’ennesima volta di incastrarlo, vedendo quell’uomo dalla mano paralizzata nella sinagoga proprio di sabato. Sanno che Gesù non resiste di fronte alla sofferenza degli uomini, che non rimarrà indifferente, vedendo quell’uomo e lo provocano: «È lecito guarire in giorno di sabato?».
Probabilmente la domanda insidiosa è dettata dalla convinzione che Gesù farà come tutti i guaritori: toccherà quell’uomo, farà qualche gesto magico, farà qualche mistura o unguento, da spalmare sulla mano, tutte cose proibite dalla rigida legge del sabato, che permettevano di curare una persona solo in pericolo di morte. Quell’uomo non rischiava certo di morire, ma se non lo avesse guarito, avrebbero potuto sempre accusarlo di indifferenza verso chi soffre. Gesù risponde con coraggio o meglio con autorità, come un vero maestro ebreo. Prima prende l’esempio di quello che gli stessi farisei e la gente comune faceva: salvare la propria pecora caduta nel fosso. Poi ricorda che l’essere umano è superiore a un animale, e quindi trae la conclusione: «È lecito in giorno di sabato fare del bene».
Gesù non si limita a insegnare con le parole, ma compie un gesto, che dimostra come si può rispettare il sabato e fare del bene. Non compie alcuna azione: parla. E il paralitico tende la mano, come gli ha detto Gesù: si fida delle sue parole, ben diversamente dai farisei. Che cosa comporta la decisione dei farisei di uccidere Gesù? Matteo risponde: con essa si realizza quello che aveva detto il profeta Isaia nei cosiddetti Carmi del Servo. I farisei condannano Gesù, perché agisce come aveva scritto il profeta: non condanna, non grida, non rinuncia mai a sperare neppure se una canna è incrinata o una lampada è ormai senza più olio.
È venuto non per giudicare né per condannare, ma per infondere speranza in ogni essere umano! per ricordarci che l’essere umano è il capolavoro di Dio! Forse serve anche a noi ricordare che tra gli animali e l’essere umano c’è una differenza incolmabile: l’uomo non è un animale! Sul crinale della creazione, l’essere umano è dalla parte di Dio, non degli animali: «Che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? Davvero l’hai fatto poco meno di un dio, di gloria e di onore lo hai coronato» (Salmo 8,5-6).
O, come diceva sant’Ambrogio: l’uomo è il «capolavoro di Dio», «il culmine dell’universo e la suprema bellezza d’ogni creato», perché Dio ha «fatto l’uomo dotato di ragione, capace di imitarlo, emulo delle sue virtù». E, proprio perché fatto «poco meno di un dio», l’uomo può ed è chiamato a compiere il bene, come scrive la Lettera a Diogneto: «Amandolo diventerai imitatore della sua bontà. Non meravigliarti che un uomo possa diventare imitatore di Dio: lo può perché Egli lo vuole. Chi prende su di sé il fardello del prossimo e cerca di servire anche gli inferiori; chi, donando ai bisognosi ciò che gli fu dato, diventa come un Dio per i suoi beneficati, costui è imitatore di Dio».
Mons. Ennio Apeciti