Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

sabato 20 aprile 2013

804 - IV DOMENICA DOPO PASQUA

Il testo evangelico di Giovanni 15,9-17 è ambientato nel Cenacolo di Gerusalemme e riproduce quella parte del discorso di rivelazione introdotto dall’affermazione di Gesù di essere la «vite vera» e il Padre il «vignaiolo» (v. 1). Qui viene presentato il Padre come sorgente dell’amore. Da lui, dal suo amore per il Figlio, scaturisce quello di Gesù per i suoi discepoli i quali sono invitati a “rimanere” nel suo amore e, dunque, in quello del Padre (v. 9). Il v.10 chiarisce che rimanere nell’amore significa, molto concretamente, obbedire ai suoi comandamenti sul modello dell’obbedienza di Gesù al Padre. Tale obbedienza fa gioire il discepolo della stessa gioia del Figlio che fa la volontà del Padre (v. 11). A questo punto Gesù presenta l’amore fraterno come il “suo” comandamento (v. 12). La sua osservanza prova che il discepolo rimane nell’amore stesso di atto supremo del suo amore! L’amore assoluto di Gesù motiva la fedeltà del discepolo al suo comandamento. Chi lo osserva è amico di Gesù (v. 14) e non più suo servo, titolo che nella Scrittura sta a indicare chi è fedele a Dio. Al suo amico Gesù rivela la sua intima relazione filiale con il Padre (v. 15). Il v. 16 chiarisce che è Gesù in persona a scegliere i suoi discepoli e ad assicurarli che anch’essi porteranno frutto duraturo mantenendosi nella fede e nell’amore in lui e nell’osservanza del suo comandamento a cui vengono ancora una volta esortati (v. 17).
I testi biblici proclamati in questa domenica di Pasqua ci offrono la possibilità di cogliere il significato più alto di quell’evento, ciò che esso esprime, ciò che da esso viene a noi e, di conseguenza, quanto esso ci domanda.
Alla luce di quanto abbiamo ascoltato nella pagina evangelica dobbiamo dire che la ragione che ha spinto il Signore Gesù a «dare la sua vita» (Vangelo: Giovanni 15,13) è l’amore «più grande» che arde nel suo cuore.
Un amore che lo unisce al Padre fonte dell’amore stesso del suo Figlio e che egli fa traboccare su «i suoi», su quanti accolgono con fede la sua parola di rivelazione. Si tratta, però, non di un amore sentimentale e semplicemente rivelatore di un affetto, ma molto concretamente della totale piena disponibilità di Gesù, il Figlio, a obbedire ai comandamenti del Padre suo, a fare cioè la sua volontà. La sua Pasqua di morte e di risurrezione, perciò, è simultaneamente l’epifania suprema dell’amore di Gesù, il Figlio, per il Padre e del suo amore per i suoi.
Amore che nella preghiera liturgica è cantato come la motivazione di fondo di tutto ciò che il Signore Gesù ha fatto per noi: «Mosso a compassione per l’umanità che si era smarrita, egli si degnò di nascere dalla vergine Maria; morendo ci liberò dalla morte e risorgendo ci comunicò la vita immortale» (Prefazio).
A ben guardare, però, occorre precisare che Gesù partecipa ai suoi discepoli il suo stesso amore per il Padre e insegna a essi a fare altrettanto, a obbedire cioè anch’essi al suo comandamento: quello dell’amore fraterno che, di fatto, esige la disponibilità a «dare la propria vita» (v. 13).
È l’amore incandescente che riscontriamo nell’apostolo Paolo il quale considera del tutto positiva la sua condizione di «prigioniero per Cristo» (Epistola: Filippesi 1,13) che, tra l’altro, infiamma i suoi fratelli nella fede ad annunziare «senza timore la Parola» (v. 14). Un amore, quello di Paolo, che in totale uniformità al suo Signore, si manifesta nella convinta disponibilità «a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù» (Lettura: Atti degli Apostoli 21, 14).
A tale riguardo è possibile anche a noi verificare l’esistenza nel nostro spirito dell’amore “di” Gesù e “per” Gesù se avvertiamo nell’intimo dei nostri cuori un’irresistibile inclinazione alla carità fraterna concretamente vissuta. È questo, infatti, il «frutto» portato da Gesù nella sua Pasqua ed è questo il «frutto» duraturo che siamo chiamati anche noi, come suoi discepoli, a portare in questo mondo.
Un simile amore, spinto fino al dono di sé, non nasce spontaneamente nel cuore dell’uomo, ma è dono che procede dalla Pasqua del Signore Gesù dispensato nei sacramenti pasquali e, massimamente, nell’Eucaristia. Essa, infatti, ci fa partecipare dell’amore vicendevole del Padre e del Figlio. Un amore che, in Gesù, si è reso a tutti visibile come obbedienza al volere salvifico del Padre che, nel dono della vita del suo unigenito, intende fare degli uomini i suoi figli!
A.Fusi