Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

giovedì 14 febbraio 2013

773 - LA "ULTIMA ENCICLICA" DI BENEDETTO XVI

Il breve messaggio con cui papa Benedetto XVI ha sorpreso il mondo e cambiato la storia della Chiesa, annunciando la sua decisione di «rinunciare al ministero petrino», si caratterizza - oltre che per lo stile sobrio tipico del pontefice - per una densità di contenuti e di sfumature su cui certamente occorrerà riflettere a lungo. D'altro canto, se è vero che il pontefice meditava da mesi questa decisione, è presumibile che anche questo testo sia stato pensato con la massima attenzione. A caldo, a noi piace vedere questo messaggio come la sua ultima enciclica, ovvero - letteralmente - come una «lettera circolare» inviata a tutti.
Tre passaggi ci sembrano particolarmente significativi. 
Il Papa confida di avere «ripetutamente esaminato la [sua] coscienza davanti a Dio» e di essere «pervenuto a una certezza». Già in queste prime ore, si moltiplicano commenti e confronti, talvolta polemici, sulla diversa scelta compiuta da Wojtyla e da Ratzinger di fronte al venire meno della salute fisica. Quasi che, di fronte al bivio davanti al quale entrambi si sono trovati, esista un'unica scelta giusta. Papa Benedetto rimette al centro il primato della coscienza. Ci dice che non è anzitutto l'obbedienza a fattori esterni, non è la consuetudine, non sono - in ultima analisi - le tradizioni, a dover guidare un pontefice, così come qualunque altro cristiano, ma la voce della propria coscienza, rettamente orientata da un'intensa e profonda «frequentazione» di Dio nella preghiera. Non solo, il Papa testimonia che dall'ascolto di questa voce nasce una «certezza». Si tratta di un messaggio di speranza che dovrebbe scuotere il mondo: non è infatti proprio lo smarrimento di ogni certezza, il grigiore indistinto in cui tutto si confonde, il vero dramma della società contemporanea?
Il secondo passaggio chiave ci pare il riferimento al «mondo di oggi, soggetto a rapidi mutamenti». È, insieme, una lezione e un richiamo. Una lezione, definitiva, che lascerà senza argomenti chi accusa la Chiesa e i suoi pastori di essere sempre e comunque fuori dal tempo, immobili, sordi alle richieste di cambiamento che arrivano dal contesto. Ma è anche un richiamo a quella parte di Chiesa, che pure esiste, la quale vede il cambiamento con timore e sospetto (basti pensare, per citare un esempio recente, alle critiche nemmeno troppo velate con cui alcuni ambienti ecclesiali hanno accolto la decisione del Papa di «sbarcare» nel mondo dei social network). In questo senso, possiamo forse spingerci a dire che la clamorosa decisione di Benedetto XVI si iscrive pienamente nell'eredità conciliare, se è vero che al cuore del Concilio Vaticano II vi fu il tema della «riconciliazione» e di un rinnovato dialogo tra Chiesa e mondo.
Infine, la richiesta finale del Papa: «Chiedo perdono per tutti i miei difetti». Anche queste parole spazzano via fiumi di inchiostro sulla presunta freddezza e austerità del papa tedesco. Ma soprattutto illuminano il senso autentico che dovrebbe animare ogni esercizio dell'autorità, non solo religiosa. Pensiamo ai discorsi di addio dei «grandi della Terra», solitamente focalizzati sulla rivendicazione dei successi ottenuti ed eventualmente sulla auto-giustificazione dei propri fallimenti. Qui, nel momento in cui sa di scrivere un messaggio che farà il giro del mondo, l'uomo che pure ebbe qualche dubbio sulla richiesta di perdono per gli errori della Chiesa voluta da Giovanni Paolo II nel Giubileo, non esita a riconoscere i propri, di difetti, non pensa a «tutelare» il proprio lavoro, non ne approfitta per togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Ci saluta nell'essenzialità estrema, in una nudità interiore che colpisce e commuove.
Stefano Femminis, Direttore di Popoli