Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

mercoledì 29 giugno 2011

562 - BUONE VACANZE DAL PARROCO

Da giorni sono finite le scuole e molti ragazzi stanno sostenendo gli esami scolastici. All’oratorio è iniziato da 15 giorni il Grest “Battibaleno” e in tutta la parrocchia si sentono le risa divertite e il vociare allegro di circa 180 nostri ragazzi.
Riflettendo sui giorni passati, ci si rende sempre conto alfine che il tempo è passato veloce: sembra ieri aver iniziato il nuovo anno, e ora siamo già alla fine. È bello però ricordare i momenti forti che abbiamo vissuto: l’Avvento e la Quaresima, il Natale e la Pasqua; gli incontri di catechesi e di preghiera con le celebrazioni gioiose della I comunione e I confessione dei nostri ragazzi; il mese di maggio mariano…
Tutto quello che abbiamo vissuto ci dovrebbe aver aperto di più il cuore al Signore che conduce le nostre storie, a Maria Santissima che continua a richiamare la nostra attenzione a non “buttare al vento la vita” ma a concretizzarla nell’amore a Dio e al prossimo.
Il tempo passato, se colto nella sua pienezza, è tempo di redenzione. L’arrivo di un momento di riposo e di vacanza è da cogliere con gioia.
Trovare attimi di silenzio e di relax da dedicare a se stessi e agli affetti, nella serenità, è estremamente necessario per condurre una vita più umana e cristiana. Il nostro continuo correre (al lavoro, a prendere i figli…) ci fa dimenticare la bellezza di passare momenti anche solo a parlare con persone e amici senza guardare l’orologio, a “perdere tempo” in letture rilassanti e fare qualche bella camminata in montagna all’aria pura o un bel bagno al mare sotto il sole a “pancia in su”. Tutto questo lo possiamo recuperare con vacanze intelligenti  e senza andare a cercare chissà quali posti rinomati!!
Come ogni anno, nell’ augurarvi buone vacanze non posso che ricordarvi che il corpo ha bisogno di riposo ma lo spirito va alimentato cercando di dare un po’ di tempo anche a Dio, alla preghiera, all’ascolto della Parola. Sono giorni preziosi, quelli delle vacanze, per ritrovare se stessi nel rapporto con Il Padre e Gesù Cristo. Alcuni giovani usano questo tempo per  mettersi al servizio nel volontariato, altri nel provare momenti forti di preghiera e silenzio… E tu come te le passerai le tue vacanze.??
Uno speciale ricordo a chi rimane in città: per problemi economici,di salute..., approfittatene per conoscere meglio la vostra Milano, è proprio in agosto che la città è più bella e vivibile!!!
A tutti i numerosi anziani e ammalati della parrocchia, auguro giorni sereni (seppure caldi) e che Dio Padre vi accompagni con la sua grazia e il suo amore nelle vostre pene e sofferenze.
(Padre Luigi, parroco San Gerolamo Emiliani)

martedì 28 giugno 2011

561 - PERCHÉ AVERE PAURA?

Figlioli, qualunque cosa vi succeda, ricordatevi che sono sempre con voi. Ricordatevi che, che io sia visibile o invisibile, che sembri agire oppure dormire, veglio sempre, sono dovunque, sono onnipotente. Non abbiate nessuna paura, nessuna inquietudine: sono qui, sto vegliando, vi voglio bene, posso tutto...
Cosa di più vi occorre? ...Ricordatevi di quelle tempeste sedate con una sola mia parola, subito seguite da una grande bonaccia. Abbiate fiducia, fede e coraggio; state senza inquietudine, sia per il vostro corpo che per la vostra anima, poiché sono qui, onnipotente e benevolente.
Beato Charles de Foucauld (1858-1916), eremita e missionario nel Sahara

venerdì 24 giugno 2011

560 - SECONDA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Lettura Siracide 17,1-4.6-11b.12-14: Il Siracide descrive la creazione dell’uomo mostrando i doni che Dio gli ha elargito. Essi dovrebbero consentirgli di vivere bene la relazione con Dio riconoscendo la sua gloria; con il prossimo, prendendosene cura; con il creato, custodendolo nel bene.
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Salmo 103: Benedici il Signore, anima mia!
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Epistola Romani 1,22-25.28-32: Non sempre sappiamo godere dei doni di Dio e, anziché usarli con sapienza, cadiamo nella stoltezza di chi ignora Dio o a lui sostituisce degli idoli. Ma perdere la conoscenza di Dio compromette il nostro rapporto con gli altri e con ogni realtà creata.
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Vangelo Matteo 5,2.43-48: La conoscenza autentica di Dio, contro ogni idolatria o superstizione, trasforma la nostra vita, rendendola perfetta, cioè conforme al modo di essere e di agire del Padre. Il  segno più trasparente di tale somiglianza è l’amore pieno, persino per i nemici.

559 - PAPA BENEDETTO XVI INCONTRA LE FAMIGLIE DEL MONDO A MILANO 30 MAGGIO -2 GIUGNO 2012


Manca un anno. Il VII Incontro mondiale delle famiglie con il Papa si terrà a Milano dal 30 maggio al 3 giugno 2012 con una volontà precisa: riscoprire la famiglia come “patrimonio di umanità” e rimetterla al centro delle attenzioni non solo della Chiesa ma dell’intera società. 

558 - IL SUO NOME ERA GIOVANNI

Riconosciamo te, Giovanni, come il nuovo Mosè, perché hai visto Dio, non più in figura, bensì faccia a faccia. Guardiamo te come il nuovo Giosuè: non hai attraversato il Giordano da una sponda all'altra ma, con l'acqua del Giordano, hai fatto attraversare gli uomini da un mondo all'altro... Sei tu il nuovo Samuele che non hai dato l'unzione a Davide, ma hai battezzato il Figlio di Davide. Sei tu il nuovo Davide, che non sei stato perseguitato dal cattivo re Saul, bensì sei stato ucciso da Erode. Sei tu il nuovo Elia, nutrito nel deserto non di pane da un corvo, ma di locuste e di miele da Dio. Sei tu il nuovo Isaia che non hai detto: «Ecco la Vergine concepirà e partorirà un figlio» (Is 7,14), bensì hai proclamato davanti a tutti: «Ecco che lei ha partorito l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo» (Gv 1,29)...
Beato tu, Giovanni, eletto da Dio, che hai posto la mano sul tuo Maestro, che hai preso per mano la fiamma il cui chiarore fa tremare gli angeli! Stella del mattino, hai mostrato al mondo il Mattino vero; alba gioiosa, hai manifestato il giorno di gloria; lampada scintillante, hai mostrato la Luce senza pari! Messaggero della grande riconciliazione del Padre, l'arcangelo Gabriele è stato mandato davanti a te per annunciare a Zaccaria la tua nascita, come un frutto oltre ogni sua attesa... Tu, il più grande fra i nati di donna (Mt 11,11), vieni incontro all'Emmanuele, a colui che supera ogni creatura; primogenito di Elisabetta, precedi il Primogenito di tutta la creazione!
Inno attribuito a Sant'Efrem Siro (circa 306-373)

mercoledì 22 giugno 2011

557 - SS. CORPO E SANGUE DI CRISTO

Il giovedì successivo alla prima Domenica dopo Pentecoste è il giorno dedicato fin dal Medioevo alla celebrazione dell’odierna solennità legata alla contemplazione e all’adorazione della presenza vera, reale e sostanziale del Signore Gesù nel sacramento dell’altare. La nostra tradizione liturgica ambrosiana propone per la solennità un proprio ciclo di lezioni bibliche e un formulario completo di orazioni e di antifone nel Messale.
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Lettura: Deuteronomio 8, 2-3.14b-16°, che evoca la cura di Dio per il suo popolo in marcia nel deserto, al quale offre in cibo la “manna” figura profetica del “pane eucaristico”.
Il Salmo 147 celebra la grandezza dei doni di Dio al suo popolo.
L’Epistola 1Corinzi 10,16-17 mette in luce come il “calice” e il “pane” eucaristici sono fondamento dell’unità dei fedeli in “un solo corpo”.
Il brano evangelico che viene qui riprodotto è preso da Giovanni 6,51-58:
Il v. 51 riporta le parole di autorivelazione del Signore che si dichiara il «pane vivo disceso dal cielo» in grado di nutrire per la vita eterna a differenza della “manna” di cui si legge nella Lettura. Segue, a partire dal v. 53, provocata dalla domanda dei Giudei, un’ulteriore chiarificazione dell’affermazione iniziale con la quale Gesù fa dipendere la “vita” eterna, ovvero la vita di comunione con Dio, dal “mangiare” la sua “carne” e dal “bere” il suo sangue. Un simile nutrimento reca in chi lo mangia la garanzia della risurrezione ed è principio di comunione stabile di vita con Gesù espressa con il verbo “dimorare”.
Il brano si conclude al v. 58 con la ripresa della dichiarazione iniziale sul “pane disceso dal cielo” e la conseguente affermazione sull’effetto della sua manducazione: la vita eterna.

martedì 21 giugno 2011

556 - L'AMORE E' FONTE DI GRANDE GIOIA

domenica 19 giugno 2011

555 - INNO ALLA TRINITA'

Ritornello : Sia benedetto colui che ti manda !

Prendi come simboli il sole per il Padre,
per il Figlio, la luce,
e per lo Spirito Santo, il calore.
Pur essendo un solo essere, una trinità percepiamo in lui.
Afferrare l'inesplicabile, chi può farlo?
Questo unico essere è molteplice: uno è formato di tre e tre formano uno solo,
grande mistero e palese meraviglia!
Il sole è distinto dai suoi raggi
pur essendogli unito;
anche il suo raggio è pure sole.
Eppure nessuno parla di due soli,
pur essendo il raggio
quaggiù anch'esso sole.
Neanche diciamo che ci siano due Dei.
Dio, è il nostro Signore,
anch'Egli al di sopra del creato.
Chi può mostrare come e dove
son uniti il raggio del sole
e il suo calore, pur essendo liberi?
Non sono né separati né confusi,
uniti, benché distinti,
liberi, benché attaccati, o meraviglia!
Chi può, scrutandoli, avere presa su di essi?
Eppure non sono forse apparentemente semplicissimi, così facili da comprendere?
Mentre il sole dimora lassù,
il suo chiarore, il suo ardore
sono per coloro di quaggiù, un simbolo evidente.
Sì, i suoi raggi sono scesi sulla terra
e dimorano nei nostri occhi
come se rivestissero la nostra carne.
Quando si chiudono gli occhi quando viene il sonno,
come morti, egli lascia
coloro che verrano poi svegliati.
E come la luce entra nell'occhio,
nessuno può capirlo.
Così, il nostro Signore nel seno...
Così, il nostro Salvatore rivestì un corpo
in tutta la sua debolezza,
per venire a santificare l'universo.
Ma quando il raggio risale verso la sua sorgente, non è mai stato separato
da colui che lo genera.
Lascia il suo calore per coloro che sono quaggiù
come il Nostro Signore
ha lasciato lo Spirito Santo ai discepoli.
Guarda queste immagini nel mondo creato
e non dubitare riguardo alle Tre Persone,
altrimenti ti perderai!
Ciò che era oscuro, l'ho reso chiaro:
come le Tre Persone fanno una sola cosa,
trinità che fanno una sola essenza.

Ritornello : Sia benedetto colui che ti manda !
Sant'Efrem Siro (circa 306-373), diacono in Siria, dottore della Chiesa

venerdì 17 giugno 2011

554 - LA PRIMA DOMENICA DOPO PENTECOSTE

Il brano evangelico di Giovanni 16,12-15 contiene l’ultimo “insegnamento” sullo Spirito Santo, impartito da Gesù ai suoi discepoli nel discorso di “addio” pronunciato nel Cenacolo di Gerusalemme. Il v. 12 si riferisce all’opera di rivelazione compiuta da Gesù che, stando alle sue parole, non è del tutto completa perché i suoi discepoli non sono ancora in grado di aprirsi totalmente a essa.
Dal v. 13 al v. 15 le parole di Gesù spostano l’attenzione sul Paraclito indicato come “Spirito della verità” e sulla sua venuta nella comunità dei discepoli nell’ora del suo ritorno al Padre. L’azione dello Spirito nella comunità dei discepoli è descritta al v. 13 come un compito di “guidare a tutta la verità”, portare cioè a conoscenza dei discepoli quanto lo Spirito ha udito da Gesù (v. 14) e fare partecipi i discepoli di ciò che appartiene propriamente al solo Gesù (v. 15).
La funzione di “guidare a tutta la verità” consiste perciò nel donare ai discepoli di comprendere in pieno ciò che Gesù ha detto e ha fatto nella sua vita terrena sino all’ora suprema della sua “glorificazione” sulla croce. Riguarda anche la capacità di guardare a Gesù come al “Figlio glorificato” e al quale il Padre ha dato ogni potere in cielo e in terra.
Con queste parole pronunciate nella sua “ultima cena” Gesù intende, tramite i discepoli, riferirsi a tutti coloro che avrebbero creduto in lui, formando in tal modo la sua Chiesa. Il Signore, pertanto, si riferisce anche a tutti noi e ci assicura che, essendo già in atto il tempo dello Spirito, siamo in grado di “ascoltare” e di “accogliere” “tutta la verità” ossia l’intera rivelazione che è stata portata nel mondo dal Figlio di Dio e che ha il suo centro nel mistero della sua morte e risurrezione.
Lo Spirito infatti tramite l’ascolto delle divine Scritture di cui è l’autore, ci dona in realtà di udire in esse come viva e attuale la parola stessa di Gesù. Lo Spirito Santo, del resto, non ha un suo “messaggio” personale. Egli ci «dirà tutto ciò che avrà udito» da Gesù, ossia dal Figlio il quale, a sua volta, dice le parole che ha udito dal Padre.
Lo Spirito Santo inoltre comunicherà al cuore dei credenti l’intelligenza delle “cose future” ovvero quanto accade lungo il volgere dei secoli e soprattutto li metterà a contatto di tutta la ricchezza di grazia e di vita divina che il Figlio possiede. Cosa questa che si attua concretamente e sommamente nella celebrazione eucaristica.
In una parola, lo Spirito Santo che fino alla fine dei secoli compirà la sua funzione di guida della comunità dei credenti, renderà viva in essa “tutta la verità”, vale a dire il mistero di Dio rivelato e portato a compimento dal Signore Gesù.
Mistero la cui iniziale rivelazione a Mosè dal fuoco del roveto ardente «e che non si consuma» (cfr. Lettura: Esodo 3,2), ci presenta un Dio che ha a cuore un rapporto concreto con l’uomo, un Dio che si rivela attento e vicino a suo popolo, un Dio che non esita a intervenire di persona a favore del suo popolo (cfr. Esodo 3,7-10).
Mistero che, essendo stato “confidato” al Figlio, è stato da lui annunziato e attuato nella sua Pasqua come mistero di grazia e di salvezza per ogni uomo.
Mistero dunque dell’amore paterno di Dio che è brillato nel suo Figlio fatto uomo, in Gesù di Nazaret, e che lo Spirito assicura essere il nostro destino al punto di spingerci a gridare: «Abbà! Padre!» (Epistola: Romani 8,15c). Comprendiamo così come nell’inaccessibile mistero della vita di Dio, Trinità Santissima, ha origine il mirabile disegno divino di salvezza, storicamente realizzato nell’incarnazione del Figlio unigenito e sommamente nella sua Pasqua e che consiste nel fare di ogni uomo un “figlio” nel Figlio, grazie all’incessante efficace azione del suo Santo Spirito.
Radunati per la celebrazione dei divini misteri, veniamo dallo Spirito guidati alla pienezza della verità che tutti ci riguarda e da lui fatti partecipi di ciò che è proprio di Gesù, vale a dire della relazione filiale con il Padre, facciamo salire dal cuore della Chiesa la confessione di fede: «Questa è la fede cattolica: credere in un solo Dio nella Trinità beata e adorare la Trinità nell’unico Dio» (Canto Alla Comunione).
Con la professione di fede sale dal cuore della Chiesa la preghiera di lode e di adorazione: «Sia lode al Padre che regna nei cieli e al Figlio che è sovrano con lui; cantino gloria allo Spirito Santo tutte le creature beate» (Canto Dopo il Vangelo).
(A. Fusi)

giovedì 16 giugno 2011

553 - LETTERA AL CARDINALE TETTAMANZI

Ospitiamo in questo spazio la lettera che per iniziativa di alcuni laici della Diocesi è stata scritta al nostro Cardinale Arcivescovo Dionigi Tettamanzi e poi estesa a molti altri che potranno sottoscriverla secondo questi criteri decisi degli estensori che sono tra i primissimi firmatari della lettera: laici, residenti nella Diocesi di Milano, singole personalità non però coinvolte in cariche politiche.
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Per sottoscrivere la lettera potete scrivere una e-mail contenente nome, cognome e indirizzo (per essere certi dell'identità reale della persona firmataria) all'indirizzo di posta grazietettamanzi@gmail.com
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Eminenza,
in questo periodo in cui è previsto l’avvicendamento sulla cattedra di s. Ambrogio intendiamo farle pervenire i nostri più sinceri ringraziamenti per la qualità e la misura, la sostanza e le forme del suo ministero episcopale nella Milano di questo inizio millennio.
1) In questi anni abbiamo apprezzato la qualità pastorale della sua proposta che ci ha invitato a vivere e a sognare una Chiesa sul modello del Concilio: appassionata alla causa del Signore Gesù, autenticamente missionaria, quasi “testarda” nell’interpretare la vocazione al confronto franco, alle ragioni del dialogo con tutti nella comunità cristiana e con tutti gli uomini e le donne di buona volontà, con tutti i credenti delle diverse confessioni cristiane e tradizioni religiose.
2) Abbiamo parimenti apprezzato la misura del suo governo, pacata e benevolente, preoccupata non già di comandare autoritariamente quanto di convincere e persuadere l’interlocutore, accompagnandolo con la saggezza di un padre e di un pastore.
3) Le siamo riconoscenti poi per la sostanza delle cose che ha insistemente riproposto a noi cattolici ambrosiani, in continuità con la tradizione che nel secolo scorso ha visto la lezione dei suoi predecessori, gli arcivescovi Ferrari, Tosi, Schuster, Montini, Colombo e Martini.
4) La porteremo sempre nel cuore, memori anche delle forme concrete del suo magistero, rilegate nel suo motto episcopale “Gaudium et pax “ (gioia e pace). Una gioia che nasce dall’incontro col Risorto e che non può essere scalfita dalle accuse e dalle cattiverie che accompagnano la vita di chi testimonia l’evangelo; la pace poi che si diffonde su tutti, sui piccoli e sui grandi, sui buoni e sui cattivi, su quanti sono sinceramente credenti e su quanti sono sinceramente in ricerca. E anche su quanti si trincerano dietro l’ipocrisia, il rancore e l’ostinazione.
Ci sorregge, infine, il costante invito a ricalcare le orme del suo amato Paolo VI, maestro e testimone di una dedizione tenace al Signore Gesù, di un’inquieta ricerca per parlare al cuore degli uomini e delle donne nostri contemporanei, privilegiando soprattutto i poveri e gli emarginati, proponendo a se stesso (e a tutti noi) l’icona dell’«uomo spirituale». Come ricorda san Paolo: «L’uomo mosso dallo Spirito giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno» (1 Corinti 2, 15).
Milano, 12 giugno 2011
Solennità di Pentecoste
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Per l’elenco aggiornato dei firmatari: http://www.azionecattolicamilano.it/

sabato 11 giugno 2011

552 - GRAZIE PER IL DONO DELLO SPIRITO

Grazie, Padre, per il dono dello Spirito
che mi fa appartenere a Cristo,
fino ad essere una cosa sola con lui.
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Grazie, Padre,
perchè nello Spirito Santo
mi hai reso figlio nel tuo Figlio Gesù.
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Grazie, Padre,
perchè nello Spirito che mi hai donato,
posso chiamarti: "Papà".
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Grazie, Padre, per lo Spirito che abita in me:
egli che ha risuscitato Gesù dai morti,
darà anche a me la vita che non muore!
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Grazie, Padre, perchè per la forza dello Spirito Santo,
mi hai donato di poter vivere
non nella schiavitù e nella paura,
ma nella libertà e nella gioia dei figli di Dio.
Amen
(cfr. Rm. 8,9-16)



giovedì 9 giugno 2011

551 - LA SOLENNITÀ DI PENTECOSTE

Celebra il mistero dell’effusione dello Spirito Santo che è il “dono” dato da Dio alla Chiesa come frutto della Pasqua del suo Figlio, coronata con il suo “ritorno” al Padre. Con questa solennità si conclude il Tempo Pasquale.
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La Lettura: Atti degli Apostoli 2,1-11 riporta il racconto dell’evento della Pentecoste, culmine della Pasqua. Il Salmo 103 è cantato intercalando il ritornello: «Del tuo Spirito, Signore, è piena la terra». L’Epistola: 1Corinzi 12,1-11 illustra i “doni” recati dallo Spirito “per il bene comune”. Primo dei doni è quello di poter affermare con piena consapevolezza: «Gesù è il Signore», vale a dire il vincitore della morte, il vero unico salvatore.
Il brano evangelico è preso da Giovanni 14,15-20 l’evangelista che ci ha accompagnato nella preparazione quaresimale alla Pasqua (dalla II Domenica) fino a oggi.
In quel tempo. 15Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.
Prima di separarsi dai suoi, Gesù promette loro che una volta tornato al Padre si prenderà a cuore la loro situazione ottenendo l’invio dello Spirito Santo che succederà a lui nell’ufficio di “paràclito” ossia di assistenza e guida “per sempre”.
Anche oggi, perciò, noi che formiamo la Chiesa del Signore, non possiamo e non dobbiamo sentirci “orfani”! Gesù è continuamente vivo e presente tra noi grazie all’azione dello Spirito che rende viva la sua Parola e attiva il dono di sé compiuto dal Signore una volta per tutte sulla croce principio della nostra comunione con lui e, tramite lui, con il Padre.
(A. Fusi)

venerdì 3 giugno 2011

550 - DOMENICA DOPO L'ASCENSIONE

Il brano di Luca 24,13-35 si riallaccia a ciò che leggiamo al v. 11 riguardante il sostanziale rifiuto da parte degli apostoli e dei discepoli a dare credito a ciò ch avevano loro riferito “le donne” a proposito dell’incontro con il Risorto presso il sepolcro.
Anche i due discepoli protagonisti dell’odierno racconto, come è facile riscontrare al v. 21, non danno credito alla testimonianza delle donne. Essi sono presentati mentre, in cammino verso Emmaus, parlano tra di loro degli eventi tragici accaduti in Gerusalemme al loro Maestro, vale a dire la sua morte in croce e la scoperta della sua tomba vuota (v. 14). Senza ulteriori precisazioni viene detto che «Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro» (v. 15), ma, come è facile capire, non erano in grado di riconoscere Gesù (v. 16) a motivo della loro poca fede che li ha gettati nella delusione e nello sconforto.
Alla domanda a essi rivolta dallo sconosciuto compagno di viaggio (v. 17) segue ai vv. 21-24 la risposta di uno dei discepoli che rappresenta un annunzio “evangelico” incentrato sulla condanna a morte di Gesù, che essi sono per ora in grado di definire come «profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo» (v. 19) e a quanto sembra come il Messia atteso quale liberatore potente e restauratore del Regno d'Israele.
Al v. 24 apprendiamo che anche altri “discepoli” pur avendo visto il sepolcro vuoto come avevano detto le donne, vivono la stessa delusione dei due mesti viandanti e rimangono chiusi all’adesione di fede a quanto il Signore aveva pure tante volte detto loro circa l’ineluttabilità della sua “morte” e, dunque, della sua risurrezione, peraltro, annunziata dai Profeti.
Proprio questo è il compito assunto dal misterioso compagno di viaggio: ricordare loro, non senza averli rimproverati come «stolti e lenti di cuore a credere» (v. 25) come il Cristo “doveva patire queste cose»,quelle che essi avevano richiamate al viandante (v. 20) vale a dire le sofferenze, il ripudio della sua gente e la morte obbrobriosa sulla croce e che, in realtà, sono il passaggio per «entrare nella sua gloria», quella del Signore risorto.
Con queste parole il Signore apre ai due discepoli di Emmaus l’intelligenza delle Scritture, rivelatrici essenzialmente dei divini disegni di salvezza, che hanno la loro sintesi e il loro compimento nella Pasqua di morte e di risurrezione del Figlio unigenito.
Questo atteggiamento del Signore è stato così consegnato alla Chiesa, la quale specialmente nel suo raduno eucaristico legge e interpreta autorevolmente le Scritture alla luce dell’“insegnamento” ricevuto dallo stesso suo Signore e continuamente reso vivo in essa dal dono dello Spirito Santo.
Una chiara testimonianza in tal senso è oggi data nel Prefazio che rilegge così il mistero della nostra salvezza in Cristo: «Per riscattare la famiglia umana il Signore Gesù si degnò di nascere in mezzo a noi e vinse il mondo con il suo dolore e la sua morte. Risorgendo nella gloria, ci aprì il cammino della vita eterna e nel mistero della sua ascensione ci ridonò la speranza di entrare nel regno dei cieli».
Si comprende così l’ardire dei due viandanti che quasi costringono il loro interlocutore a “restare” con loro, essendo oramai calata la notte (v. 29), nella quale è lecito vedere qualcosa di più della concreta mancanza di luce. è l’intera comunità dei credenti che attraversando i tempi sperimenta l’ora oscura della prova, della persecuzione e, perciò, supplica il Signore: «Resta con noi, perché si fa sera».
L’intero racconto ha il suo culmine nei vv. 30-32 che mostrano Gesù a mensa con i due discepoli nell’atto di compiere quei gesti a essi familiari, quali il prendere il pane nelle sue mani, pronunziare su di esso la preghiera di benedizione, spezzarlo e distribuirlo. Sono questi i gesti che hanno aperto “i loro occhi” e sono i gesti che nel raduno eucaristico aprono i nostri occhi, ovvero ci donano di riconoscere in quel pane spezzato e donato il Signore Gesù che ha “sofferto” e che è“entrato nella sua gloria” mostrando così anche a tutti i suoi discepoli la “via”.
Se la spiegazione delle Scritture apre l’intelligenza della fede, sono le parole e i santi segni eucaristici a permettere di “vedere” il Signore e ad avvertire un fuoco d’amore per lui che, come avviene per i due discepoli, dà le ali al nostro cuore e all’esigenza insopprimibile di annunziare ciò che abbiamo “ascoltato” e “visto” e che ci fa dire:«Davvero il Signore è risorto» (v. 34).
La mensa attorno alla quale siedono Gesù e i due discepoli, pertanto, sta all’origine di ogni adunanza dei credenti. La Lettura infatti mostra la prima comunità formata anzitutto dagli apostoli come perseveranti e concordi nel raduno e nella preghiera insieme «ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli di lui» (Atti degli Apostoli 1,14).
A questa comunità noi ancora guardiamo e a essa ci ispiriamo quando non anteponiamo alcuna cosa al nostro stare insieme, non solo fisicamente ma uniti nel cuore e nello spirito, perché il Signore continui a far ardere il nostro cuore mentre ascoltiamo le divine Scritture, a stare con noi nell’ora oscura della storia, a offrirci il pane di vita che è il suo corpo offerto sulla croce e che ora vive immortale.
A tale proposito accogliamo il monito dell’apostolo Paolo che, esortandoci a cercare unicamente sul volto di Cristo, il Crocifisso|Risorto, la «conoscenza della gloria di Dio» ci avverte di non farci accecare la mente dal «dio di questo mondo», in modo da poter annunciare con efficacia «lo splendore del glorioso Vangelo di Cristo che è immagine di Dio» (Epistola: 2Corinzi 4,3.6).
(A. Fusi)

giovedì 2 giugno 2011

549 - ASCENSIONE DEL SIGNORE - 2 GIUGNO 2011

Giotto - Cappella degli Scrovegni
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Gesù “non ci ha abbandonato nella povertà della nostra condizione umana, ma ci ha preceduto nella dimora eterna”: nel quarantesimo giorno di Pasqua celebriamo l’Ascensione del Signore, e come gli apostoli, siamo chiamati a contemplare nell’intelligenza della fede la gloria di Cristo Risorto.
La liturgia di questa solennità è orientata alla gioia e infonde in noi nuova speranza, che nasce dalla promessa di Gesù: “Vado a prepararvi un posto, perché siate anche voi dove sono io”. Nel mistero dell’Ascensione si svela il senso del nostro essere figli di Dio: “Nella pienezza della gioia pasquale ci disponiamo ad accogliere il dono dello Spirito Santo e ad annunciare il Vangelo a tutti gli uomini. 


mercoledì 1 giugno 2011

548 - APOSTOLATO DELLA PREGHIERA - GIUGNO 2011

Generale: Perché i sacerdoti, uniti al Cuore di Cristo, siano sempre veri testimoni dell'amore premuroso e misericordioso di Dio
Missionaria: Perché lo Spirito Santo faccia sorgere dalle nostre comunità numerose vocazioni missionarie, disposte a consacrarsi pienamente alla diffusione del Regno di Dio.
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Il Decreto Conciliare Ad gentes afferma che la Chiesa pellegrina è missionaria per sua natura, in quanto trae origine dalla missione del Figlio e dello Spirito Santo, secondo il disegno del Padre, che è la fonte dell'amore (cfr. AG 2). Creandoci liberamente, Egli ci ha chiamato, senza alcun interesse, a partecipare alla sua vita divina, cercando allo stesso tempo la sua gloria e la nostra felicità.
Grazie al mistero pasquale di Cristo, si è diffuso nel mondo il dono dello Spirito Santo. Il suo corpo, come il vaso di alabastro, si è rotto nella sua Passione per diffondere sulla Chiesa il profumo soavissimo dello Spirito. Questo Spirito, Santificatore e Datore della vita, è l'anima della missione della Chiesa. Dalla Pentecoste colma di forza i testimoni dell’amore di Cristo nel mondo e, allo stesso tempo, prepara i cuori di quanti ricevono l'annuncio, in modo che possano accogliere il dono della Parola di Vita, che si è resa visibile in Cristo.
E' ancora lo Spirito che suscita nel cuore degli uomini il desiderio di aderire a Cristo, di condividere la sua missione, di essere inviati in tutto il mondo a predicare la buona novella. La Chiesa non è una impresa umana, che deve il suo successo alla capacità organizzativa di coloro che la dirigono. E’ un’opera completamente divina, attraverso la quale, nonostante i limiti degli uomini che la compongono, Dio compie la sua opera di santificazione. E' vero tuttavia che alcune difficoltà interne alla Chiesa sono un ostacolo non indifferente per la vitalità missionaria.
Il Beato Papa Giovanni Paolo II segnalava con tristezza che a volte si percepisce una mancanza di fervore tra i fedeli e i ministri che si manifesta nella stanchezza e nella delusione, nel compromesso con l'ambiente e nel disinteresse e, soprattutto, nella mancanza di gioia e di speranza (cfr. RM 36). Citava anche come uno dei motivi più gravi della mancanza di zelo missionario, una mentalità indifferentista ampiamente diffusa, purtroppo anche fra i cristiani. Questa mentalità è radicata in posizioni teologiche non corrette e segnate da un relativismo religioso che porta a pensare che una religione sia uguale all'altra.
Data questa situazione, è necessaria la fervente preghiera della Chiesa. Le vocazioni missionarie, come ogni vocazione, sono un dono gratuito di Dio. E’ necessario pregare il padrone della messe che mandi operai nella sua messe. È necessario creare un clima di apertura allo Spirito Santo che dia un nuovo dinamismo alla Chiesa, sulla base dell'amore universale di Dio per tutti gli uomini. Dobbiamo tornare a riunirci insieme in preghiera con Maria, come gli Apostoli a Pentecoste, per imparare da Lei la docilità allo Spirito Santo.
Molti giovani hanno paura di fronte alla chiamata di Dio, di fronte ad una rappresentazione della sequela di Cristo intesa come perdita di sé stessi e delle cose. L'uomo moderno da una parte cerca Dio, da un altra è atterrito dalle esigenze del vero amore, l’unico che consente di incontrare e godere di Dio. Dobbiamo far capire ai nostri fratelli, specialmente con la nostra vita, che il fuoco di Dio non distrugge, ma crea la vita.
Benedetto XVI affermava nella sua omelia di Pentecoste dell’anno scorso: “Dobbiamo saper riconoscere che perdere qualcosa, anzi, se stessi per il vero Dio, il Dio dell’amore e della vita, è in realtà guadagnare, ritrovarsi più pienamente. Chi si affida a Gesù sperimenta già in questa vita la pace e la gioia del cuore, che il mondo non può dare, e non può nemmeno togliere una volta che Dio ce le ha donate. Vale dunque la pena di lasciarsi toccare dal fuoco dello Spirito Santo! Il dolore che ci procura è necessario alla nostra trasformazione". (Omelia, 23/5/2010).
Chiediamo dunque la grazia di non avere paura di essere toccati dal fuoco. Preghiamo affinché molti giovani siano toccati dal fuoco di Dio, perché attraverso la loro vita dedicata alla Chiesa, si rinnovi la faccia della terra con l'amore di Cristo, vivente nei suoi missionari.