Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 18 marzo 2011

508 - LA DOMENICA DELLA SAMARITANA

Diamo anzitutto uno sguardo al brano evangelico di Giovanni 4,5-42 così come si presenta a una prima osservazione per poi inquadrarlo nel peculiare contesto liturgico quaresimale. Il testo è chiaramente diviso in due grandi sezioni. La prima: vv. 5-26 riporta il dialogo di Gesù con “una donna samaritana” mentre la seconda: vv. 27-42 è incentrata sulla rivelazione dell’“opera” per la quale il Padre ha inviato Gesù nel mondo.

In particolare i vv. 5-7 ambientano la scena in Samaria, una regione considerata “deviata” dalla vera fede di Israele e precisamente presso il pozzo che Giacobbe, il grande patriarca, aveva fatto scavare presso la cittadina di Sicar. L’evangelista sottolinea che Gesù vi arrivò “affaticato per il viaggio” e nell’ora più calda del “mezzogiorno”.

Non meraviglia, perciò, che lui richiedesse da bere alla donna samaritana che, nel frattempo, era giunta al pozzo. I vv. 8-15 riportano, con la risposta della donna, le parole di rivelazione sul dono “dell’acqua viva” capace di togliere la “sete” e diventare, in chi la beve, «una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna».

Se per Israele “l’acqua viva” simboleggia la divina rivelazione che si riassume nella Legge come ci ricorda la Lettura odierna che riporta il Decalogo dato da Dio a Mosé sul monte Sinai (Esodo 20,2-24), possiamo dire che per noi “l’acqua viva” è la rivelazione fatta da Gesù, superiore a quella della Legge, in grado di spegnere la “sete” più profonda che c’è nel cuore di ogni uomo, la sete di Dio, di aver parte per sempre alla sua vita. è quanto viene autorevolmente detto nella preghiera del Prefazio: «Cristo Signore nostro,... chiedendo da bere a una donna samaritana, le apriva la mente alla fede; desiderando con ardente amore portarla a salvezza, le accendeva nel cuore la sete di Dio».

La prima sezione si chiude ai vv. 16-26 con una svolta nel dialogo tra Gesù e la donna, alla quale viene rivelata la sua vita disordinata e traviata rispetto alla Legge di Dio (v. 18), inducendola, così, a muovere i suoi primi passi nella fede in Gesù riconosciuto come “un profeta” (v. 19). A Lui, uomo ispirato da Dio, pone la questione riguardante il “luogo” dove è possibile incontrare Dio: per i Samaritani era il monte Garizim mentre per i Giudei era il Tempio di Gerusalemme (vv. 20-21).

A questa domanda Gesù risponde con parole di rivelazione di grande permanente attualità e valore (vv. 23-24), con le quali elimina le diatribe legate al “luogo” in cui si deve rendere culto a Dio. Con la sua venuta nel mondo, è “venuta l’ora” in cui il culto divino è sganciato da luoghi e da templi materiali e viene invece compiuto “in spirito e verità” (vv. 23-24) ossia da quanti sono rinati dallo Spirito e si lasciano da lui guidare all’accoglienza di fede della rivelazione portata da Gesù il Messia che, con la sua venuta svelerà ogni cosa (vv. 25-26). La solenne dichiarazione messianica: «Sono io, che parlo con te» chiude il dialogo con la samaritana.

Prende così avvio la seconda sezione (vv. 27-42) inaugurata dall’accorrere a Gesù degli abitanti di Sicar e del dialogo con i discepoli riguardante il suo vero “cibo” che consiste nel compiere la volontà del Padre (vv. 31-34) che lo ha inviato nel mondo per “salvare” il mondo. è questa l’“opera” che il Padre ha affidato a Gesù e alla quale egli ora associa i suoi discepoli con l’invito: «alzate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura» e con l’esplicito mandato a “mietere” cioè a raccogliere l’umanità nella “comunione” con Dio qui indicata con l’espressione “vita eterna” (vv. 35-38).

La conclusione (vv. 39-42) fa capire che i Samaritani che credono nel Signore “per la parola della donna” e ancora di più “per la sua parola”, professando la fede in Gesù quale “salvatore del mondo”, sono, in verità, primizie dell’“opera” salvifica commessa da Dio al suo Figlio e da questi ai suoi discepoli e, dunque, ai discepoli di tutti i tempi.

Il contesto quaresimale in cui viene proclamato il brano evangelico induce a porre l’accento sul dono “dell’acqua viva” promessa da Gesù alla samaritana e che rappresenta la rivelazione di Dio che solo il Figlio è in grado di portare in pienezza.

La Scrittura, come sappiamo, indica nella Legge, consegnata da Dio nella sua manifestazione a Mosè sul monte Sinai, l’“acqua viva”. Si tratta certamente di un grande “dono” di Dio al suo popolo, che però impallidisce di fronte alla “profonda conoscenza” di lui recata a noi dal suo Figlio, grazie alla quale ci è possibile «comprendere quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza» verso di noi (cfr. Epistola: Efesini 1,18).

Una simile più profonda “conoscenza” di Dio, e del disegno di salvezza e di amore che egli serba nel suo cuore per ogni uomo, realizza la promessa del dono dell’”acqua viva” fatta da Gesù alla samaritana. Questa nel suo continuo andirivieni al “pozzo” rappresenta l’incessante ricerca del cuore umano che desidera la felicità, la vita, che desidera Dio il quale ha già manifestato la sua potenza di amore verso di noi “quando risuscitò dai morti” il suo Figlio, facendolo «sedere alla sua destra nei cieli» ( Efesini 1,20).

Partecipando all’Eucaristia anche noi ritorniamo ogni domenica al “pozzo” che è il Signore crocifisso e con fede riconosciamo: «Dal tuo cuore, Signore Gesù, fiumi d’acqua viva scorreranno. Ascolta pietoso il grido di questo popolo e aprici il tesoro della tua grazia che santifica il cuore dei credenti»(Canto Alla Comunione), grazia che accende il desiderio di Dio, che permette di penetrare sempre di più nel suo mistero ed è per noi fonte di vita “eterna”. Per questo non ci stanchiamo di domandare ogni giorno: «O Gesù, hai detto alla samaritana: “Chi berrà dell’acqua che io darò, non avrà più sete in eterno”. Donaci di quell’acqua, Signore, così berremo e non avremo più sete» (Canto Allo Spezzare del Pane).

(A. Fusi)