Parrocchia S. Gerolamo Emiliani di Milano - Blog

Il Blog "Insieme per..." vuole proporre spunti di riflessione e di condivisione per costruire insieme e fare crescere la comunità della parrocchia di San Gerolamo Emiliani di Milano, contribuendo alla diffusione del messaggio evangelico.

venerdì 4 marzo 2011

502 - LA DOMENICA DEL PERDONO

Il Vangelo di Luca 15,11-32 presenta la terza delle parabole narrate da Gesù per rispondere ai farisei e agli scribi che lo rimproverano per la sua accoglienza e disponibilità verso “i peccatori” con i quali addirittura siede a mensa (Matteo 15,1-2). Le prime due sono rispettivamente quella della “pecora perduta e ritrovata” (vv. 4-7) e della “moneta perduta e ritrovata” (vv. 8-10).

La parabola oggi proclamata, che ha il Padre come protagonista principale, è divisa in due parti. La prima riguarda il “figlio più giovane” prima “perduto” e poi “ritrovato” (vv. 11-24) e la seconda parla del “figlio maggiore” che non si è mai mosso da casa e che, in verità, non si è mai sentito e comportato come vero “figlio” (vv. 25-30). I vv. 31-32, infine, riportano la risposta del Padre, al figlio maggiore, nella quale abbiamo la rivelazione della bontà di Dio nei confronti di tutti gli uomini e, con la quale, Gesù l’inviato di Dio, giustifica il suo atteggiamento misericordioso specialmente verso i “perduti” ossia “i peccatori”.

La parabola prende avvio con la richiesta del figlio minore di avere la parte del patrimonio a lui spettante sulla base delle prescrizioni della Legge (vedi Levitico 27,8-11; e Numeri 36,7-9) e la sua partenza da casa verso “un paese lontano” dove rapidamente esaurisce le sue sostanze conducendo una vita disordinata (vv. 12-13).

I vv. 14-16 segnano il repentino mutamento delle condizioni di vita del giovane che si trova per necessità a doversi occupare di una mandria di porci. Cosa, questa, proibita dalla Legge e segno dell’abiezione più profonda per un giudeo.

L’osservazione riportata al v. 17 è determinante per il profondo cambiamento del cuore del ragazzo. Finalmente “rientrò” in sé stesso compiendo idealmente il percorso di ritorno alla casa del Padre e preparandosi convenientemente all’incontro con lui riconoscendo il suo “peccato” (vv. 17-19).

Di qui la decisione di ritornare effettivamente dal Padre (v. 20) il quale addirittura preso da una grande commozione gli va incontro e compie gesti di “riconoscimento” del prodigo come suo “figlio” (lo abbraccia e lo bacia). L’amore straripante del Padre non gli permette neppure di aprire bocca, anzi si manifesta con segni di generosa accoglienza: il vestito più bello, l’anello, i calzari, il vitello grasso che viene imbandito perché la festa sia piena (vv. 22-23).

Il v. 24 riporta la motivazione di tutto ciò: il figlio che era come “morto” è “tornato in vita”, il figlio che si era “perduto” è stato “ritrovato” e riconsegnato all'amore del Padre.

Nella seconda parte viene descritta la reazione del “figlio maggiore” una volta appreso, si badi non dal Padre, ma da un servo, il motivo della festa (vv. 26-27). Stavolta è lui ad allontanarsi da casa senza curarsi di provocare dolore nel cuore del Padre costretto a uscire incontro a lui e addirittura “a pregarlo” (v. 28). Le sue parole dicono in verità che lui non si è mai veramente considerato “figlio” ponendosi in un rapporto di “servizio” formalmente obbediente non certo dunque filiale con il Padre. Rapporto che, come avviene, dovrebbe essere ricompensato almeno da un “capretto”.

La risposta del Padre vuole rassicurare il figlio maggiore che i suoi sentimenti per lui non sono da meno di quelli riservati al figlio scapestrato e lo invita a far festa, a gioire cioè con lui che ha recuperato un “figlio” al suo amore e lui stesso un “fratello”.

Proclamata in questa domenica che fa da ponte tra il Tempo dopo l’Epifania del Signore e quello di Quaresima, la parabola del Padre buono e dei due figli entrambi “perduti” intende esortare tutti a intraprendere nel prossimo tempo quaresimale, un deciso cammino di conversione e di ritorno a Dio.

Con le sue parole e con i suoi gesti Gesù ci ha con evidente chiarezza fatto comprendere che Dio, il Padre «è buono e grande nell'amore» (Ritornello al Salmo responsoriale) verso tutti, senza eccezione. Non ci sono uomini o donne per quanto lontani e addirittura “perduti” che Dio non tenga sempre nel suo cuore, spiando l’occasione propizia per attirarli nuovamente a sé, per parlare al loro cuore (cfr. Lettura: Osea 2,16) al fine di poterli finalmente annoverare tra i suoi figli.

Del resto, come insegna l’Apostolo, Dio ha già perdonato i nostri peccati, anzi ha fatto sì che «la giustizia della Legge fosse compiuta in noi» perché il nostro e il peccato di tutti egli li ha perdonati una volta «condannato il peccato nella carne» ossia nella persona del suo Figlio fatto uomo in Gesù (cfr. Epistola: Romani, 8,3).

Un simile potente annuncio dell’amore davvero sorprendente di Dio deve essere capace di muovere anche nel nostro cuore quella decisione che ha rappresentato la salvezza per il figlio che era perduto: «Mi alzerò, andrò da mio padre» (Luca 15,18). Egli ci attende attorno alla mensa eucaristica dove: «Gli angeli stanno intorno all’altare e Cristo porge il pane dei santi e il calice di vita a remissione dei peccati» (antifona Alla Comunione) per «purificarci dalle colpe, per infondere vigore nella nostra debolezza e per guidarci verso la gioia del regno eterno» (Orazione Dopo la Comunione) nella sua Casa.

(A. Fusi)