Che cosa ha fatto San Carlo Borromeo?
Ha rischiato, ha donato la vita. Mentre la peste divorava la città si è buttato dentro a questo flagello, non come mercenario, che stava lontano dagli appestati, ma come il buon pastore, che stava in mezzo ad essi, senza paura della morte.
Egli non ha lasciato nessuna autobiografia, nessuno scritto spirituale, che ci parli del suo segreto, della sua interiorità, della sua preghiera. Come testimonianza della sua preghiera abbiamo alcuni quadri che lo mostrano estatico o in lacrime in venerazione del Crocefisso.
Se San Carlo viveva nella sua interiorità segreta una inesauribile capacità di lode e di sofferenza (che sono, come testimoniano i Salmi, le due facce della preghiera dell’uomo), la sofferenza era quella che probabilmente prevaleva all’esterno.
San Carlo è stato l’uomo della preghiera, delle lacrime, della penitenza intesa non come opera eroica, ma come partecipazione misteriosa, appassionata alle sofferenze di Cristo, al suo entrare nel fondo del peccato del mondo, cogliendo l’assurdità del rifiuto di Dio, vivendone il brivido fino quasi allo scoppio del cuore e alla divisione dell’animo.
San Carlo è uno di quei grandi testimoni che sono penetrati fino al fondo di questo mistero, hanno bevuto le ultime gocce di questo calice amaro e hanno saputo quindi conoscere con lucidità il tempo, le cose, la storia.
(Cardinale Carlo Maria Martini, Omelia per
AUGURI DI BUON ONOMASTICO AL CARDINALE CARLO MARIA MARTINI ! |